La precaria situazione socio-economica dei grazzanesi, comune del resto a tutti i monferrini, si traduceva in una sofferta gestione finanziaria pubblica aggravata da inevitabili prelievi fiscali e nell’instabilità politica, con frequenti commissariamenti del Comune. Per di più, nella notte del 30 settembre 1907 il millenario campanile della parrocchiale era parzialmente crollato, minacciando con la sua mole la stabilità dell’intera chiesa e delle abitazioni circostanti. Per quasi due anni si dovette ricorrere a un precario puntellamento, poi si decise di intervenire con un restauro vero e proprio. Tra sofferenze, contrasti e burocrazia, alla fine il Municipio sborsò la bella somma di venticinquemila lire.
Tra le buone notizie, l’istituzione, grazie anche a un lascito del medico Cotti, di un asilo infantile. Fu installato in contrada Serra nella villa già proprietà dei Gotta-Pogliani, ricchi possidenti imparentati con i Della Chiesa Morra e proprietari di una conceria in regione Bollo. A gestirlo furono chiamate – grazie ai buoni uffici del vicario don Edoardo Coggiola – le suore di Nevers, fuggiasche dalla Francia a seguito delle leggi anticlericali emanate da quel governo. L’asilo funzionerà fino al 1927.
La prima guerra mondiale
Alla guerra combattuta dall’Italia contro l’Impero ottomano e alla successiva spedizione militare in Libia prese parte, distinguendosi, un grazzanese destinato a segnalare il nome di Grazzano nel mondo: il capitano Pietro Badoglio.
La fama di Badoglio, figlio e nipote di due proprietari che erano stati sindaci di Grazzano nella seconda metà dell’Ottocento, crebbe a dismisura nel successivo conflitto contro gli Imperi Centrali: entrato in guerra con il grado di tenente colonnello, al termine era generale d’esercito e sottocapo di stato maggiore. Il suo ritorno a Grazzano nel dicembre 1918 fu un trionfo, seguito dopo meno di un anno dall’inaugurazione del monumento ai caduti, uno dei primi eretti in Italia, a ricordo del gravoso tributo pagato dai grazzanesi nella guerra da poco conclusa. L’affetto del generale per il paese natio non verrà mai meno, fino alla morte: quando, nel giugno 1921, un violento incendio scoppiò in via Capretto distruggendo completamente diverse abitazioni, Badoglio aprì la sottoscrizione pubblica con un sostanzioso contributo personale.
Gli anni del fascismo
Il sistema amministrativo fascista imponeva frattanto la sostituzione del sindaco con il podestà: Giovanni Coppo, già sindaco, fu il primo podestà di Grazzano, seguito da Luigi Maraviglia e Massimiliano Degiovanni. Il Consiglio comunale cedeva il posto a un’incolore e pressoché inutile Consulta: in realtà le deliberazioni importanti erano assunte dal podestà con il fondamentale assenso del segretario comunale Giuseppe Coppo.
Nell’aprile 1935 Grazzano – dal 1868 Grazzano Monferrato – passava alla nuova provincia di Asti, la cui costituzione fu caldeggiata in alto loco con successo da Pietro Badoglio. Un momento glorioso per il paese, che continuava a vivere in una dignitosa povertà segnata dall’incipiente crisi agricola, giunse nell’autunno 1935, quando Badoglio, che dal 1926 era Maresciallo d’Italia, il grado più alto della gerarchia militare italiana, fu chiamato a comandare le truppe italiane impegnate nella campagna in Africa Orientale. In meno di sei mesi terminò la conquista dell’Abissinia, culminata con l’entrata nella capitale Addis Abeba il 5 maggio 1936.
La nascita di quell’impero per la verità molto effimero portava Grazzano alla ribalta nazionale. Nel 1937 la casa natale del maresciallo venne donata all’illustre concittadino, che la convertì in asilo infantile intitolato alla madre Antonietta Pittarelli. Pochi anni dopo Badoglio, sempre attento alla promozione sociale del suo paese natale, fondò ex novo un istituto destinato ad accogliere gratuitamente i grazzanesi anziani e privi di mezzi finanziari, dedicandolo alla consorte Sofia.
Il progresso portò a Grazzano prima l’acquedotto, poi la luce elettrica, infine il collegamento telefonico. Diverse opere pubbliche si compirono nei cosiddetti “anni del consenso”: il sistema di fognature (sovvenzionato dal Maresciallo), l’ampliamento e il miglioramento della viabilità, la costruzione della Casa del Fascio sulla piazza principale. Sempre grazie all’illustre compaesano, i fedeli grazzanesi, guidati dal vicario don Coggiola, ebbero in questi stessi anni la loro parrocchiale profondamente restaurata.
In segno di sommo rispetto per il suo figlio più illustre, Grazzano Monferrato cambiava ufficialmente denominazione, diventando Grazzano Badoglio (RD 27 febbraio 1939, n. 537).
La seconda guerra mondiale e il dopoguerra
Gli anni che seguirono furono quelli di una guerra lunga, dolorosa e devastante per tutti: soldati al fronte, famiglie, istituzioni locali, economia. Se stavolta il tributo in vite umane dei grazzanesi fu meno significativo in termini numerici, molto più sentito fu il conflitto in termini umani e psicologici. La nomina di Badoglio alla guida di un governo “democratico” dopo oltre vent’anni di dittatura accese di giusto orgoglio il paese e di illusoria speranza l’intera nazione. Gli anni più drammatici furono quelli successivi all’armistizio del settembre 1943: seicento giorni in cui la Repubblica sociale, effimera istituzione nelle mani dei tedeschi, scatenò una violenta campagna d’odio verso il vecchio Maresciallo che portò anche a sopprimere – provvisoriamente – il determinativo “Badoglio” dal nome del Comune. Attiva in paese e nelle zone limitrofe fu la resistenza contro i nazifascisti, specialmente a opera delle bande Tom e Lenti e di formazioni “Matteotti” e autonome (i cosiddetti “badogliani).
Il bilancio di sangue di questi venti mesi fu pesantissimo: dal rastrellamento dei ragazzi della Lenti alla Madonna dei Monti, alla cattura della banda Tom presso Casorzo, alla morte in uno scontro a fuoco del partigiano Luigi Lusona, ma senza dimenticare il milite fascista ucciso e sepolto in una vigna, l’ausiliaria repubblicana fucilata contro il muro del cimitero la sera del 24 aprile 1945 e i due piloti morti nel rogo del loro aereo schiantatosi fuori paese il 26 ottobre 1943.
Negli anni successivi al conflitto Grazzano ritornò alla sua vita normale. Giorni memorabili furono quelli della morte, avvenuta nella casa natale, del maresciallo Badoglio, e dei successivi funerali (novembre 1956), poi quelli del fervore commemorativo dell’illustre Grazzanese, che portò, nel settembre 1964, all’inaugurazione della stele sul colle della Madonna dei Monti e all’apertura della strada panoramica, opere entrambe volute e sovvenzionate da Pininfarina.
A preoccupare era soprattutto l’abbandono delle campagne da parte delle famiglie, attratte da prospettive di migliori condizioni di vita nelle grandi città: dai 1467 abitanti del 1936 Grazzano era passato ai 1383 del 1951, per scendere ancora ai 1340 a fine ’56.
Anche la classe dirigente locale si era rinnovata. Estinte poco gloriosamente oppure trasferitesi altrove le famiglie cospicue del paese (Plebano, Plano, Cotti, Badoglio, Lusona, Della Chiesa Morra), il potere civico passava nelle mani di piccoli e medi proprietari diretti coltivatori, commercianti, impiegati.