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Il marchese Aleramo
Il marchese Aleramo
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Attorno a questo personaggio sono sorte nei secoli molte leggende, alcune delle quali assai suggestive.
Egli era di origini barbariche; secondo Aldo di Ricaldone, egli discendeva da Teodorico del ramo della casa di Kent, morto nel 793. Padre di Aleramo sarebbe il conte Guglielmo, figlio di Anselmo, a sua volta figlio di Aleramo marchese di Gozia.
Rinaldo Merlone, che ha studiato con grande rigore scientifico la dinastia aleramica, non si spinge così indietro nel tempo: sulla base dei documenti giunti fino a noi, afferma solo che Aleramo era figlio di quel conte Guglielmo, guerriero di stirpe franca sceso in Italia verso l'anno 888 alla testa di 300 uomini per aiutare Guido di Spoleto che combatteva contro re Berengario I.
Il nome di Aleramo compare per la prima volta in una carta del 933: i re Ugo e Lotario donano al conte, definito un loro "fedele", la curtis Auriola, una vasta tenuta nei pressi di Trino. Sulla base di questa carta, si può ritenere che Alledramus (così viene denominato) sia nato verso il 910.
Due anni più tardi, nel febbraio 935, Ugo e Lotario donano ad Aleramo un altro esteso possedimento nella località di Forum (forse l'attuale Villa del Foro, presso Alessandria) e la villa di Runco.
In questo periodo il re Berengario II stava cercando di contrastare l'invasione dei Saraceni in Piemonte e in Liguria: per questo motivo creò tre grandi distretti amministrativi detti "marche", affidati a Oberto conte di Luni, ad Aleramo conte di Monferrato e ad Arduino conte di Torino.
La Marca aleramica si estendeva tra le altre due, dal corso del Po fino alle coste liguri di Albenga e Savona, e aveva il compito essenziale di difendere il litorale da sbarchi nemici e debellare i centri di potere saraceno sui valichi alpini e appenninici.
Tra il 958 e il 961 Gerberga, figlia del re Berengario II, ottiene dal padre per Aleramo il titolo di marchese e il diritto di istituire mercati nei suoi possedimenti. Qualche tempo dopo la principessa diventerà la seconda moglie di Aleramo (chi sia stata la prima, la Storia non lo dice: poco probabile che si trattasse della mitica Adelasia...).
Al 961 risale l'atto di fondazione dell'abbazia di Grazzano, a nome del marchese, della sposa e dei tre figli Guglielmo (che all'epoca era già morto), Anselmo e Oddone.
Frattanto Berengario II era stato vinto dall'imperatore Ottone I di Germania, ma Aleramo, nonostante che fosse il genero del re sconfitto, non veniva rimosso né privato dei suoi beni. Anzi, il 23 marzo dell'anno 967 era proprio un diploma di Ottone a concedergli ben 16 corti feudali situate fra i fiumi Tanaro e Orba e fino al mare e confermandogli la proprietà di quanto già possedeva.
La ricchissima donazione, considerata l'atto ufficiale di nascita del Monferrato in senso politico-amministrativo, era stata sollecitata da una donna molto influente, Adelaide, moglie dell'imperatore, già vedova di Lotario e figlia di Rodolfo II al cui servizio aveva militato il conte Guglielmo, padre di Aleramo.
Una carta dell'aprile 967 cita per l'ultima volta il marchese monferrino: probabilmente Aleramo morì poco tempo dopo, all'età di circa sessant'anni.
La tradizione popolare vuole che Aleramo sia stato sepolto nell'abbazia di Grazzano, da lui stesso fondata e affidata alle cure dei Benedettini. La prima sua tomba però sarebbe stata nella chiesetta di San Martino, poco fuori del paese (tuttora esistente, di proprietà privata). Di qui i suoi resti sarebbero stati trasferiti (mancano però notizie certe) sotto il porticato della chiesa abbaziale. Di qui, nell'anno 1581 sarebbero ancora una volta stati trasportati all'interno della chiesa, nella cappella dedicata alla Madonna del Rosario.
Una scritta testimonia ancora questa traslazione, voluta dall'allora abate commendatario Stefano Rolla. Su una parete della cappella compare anche affrescata una figura maschile di età matura e in atteggiamento orante, che la consuetudine locale attribuisce al pennello di Guglielmo Caccia detto il Moncalvo.
Il pavimento della cappella è ricoperto da un interessante mosaico bicromo di argomento mitologico.
Vi sono raffigurati due animali mostruosi affrontati: a sinistra una sfinge con volto di donna e capo ricoperto da una specie di berretto frigio, corpo parte di leone e parte di drago e zampe di chimera; a destra compare invece un drago leonino aptero, cioè privo di ali.
•Link a un articolo di Alessandro Allemano sulla leggenda di Aleramo
•Link all'articolo di Francesco Cognasso su Aleramo (Dizionario biografico degli Italiani, vol. II, 1960)
•Per approfondimenti: R. Merlone, Gli Aleramici. Una dinastia dalle strutture pubbliche ai nuovi ordinamenti territoriali (secoli IX-XI), Deputazione subalpina di Storia patria, Torino 1995
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